UN SACERDOTE TUTTO DI DIO, A SERVIZIO DI TUTTI I FRATELLI

Oggi, 13 aprile 2020, celebriamo i 125 anni dell’Ordinazione Sacerdotale di San Luigi Orione che ebbe luogo a Tortona, nella Cappella dell’Episcopio, nell’anno 1895.

La Famiglia Orionina – Religiosi, Sacerdoti, Eremiti, Suore, Laici Consacrati e membri del Movimento Laicale – gioisce nel ricordo e coglie sempre l’occasione per festeggiare il suo Santo Fondatore, San Luigi Orione. In quest’anno – 2020 – due date sono degne di particolare considerazione: l’80° della sua morte che è stato celebrato il 12 marzo e il 125° della sua ordinazione sacerdotale che si celebra il 13 aprile.

Ogni occasione è adatta per riproporre a tutta la Chiesa e, in modo particolare, a quanti, per consacrazione o per devozione, si sono messi dietro i passi di Don Orione, il significato di una esistenza luminosa che, ancora oggi, riesce a suscitare, in tanti giovani, desideri vocazionali di consacrazione e a entusiasmare una moltitudine di laici, sparsi ovunque, nel mondo. Don Orione è un modello molto attuale di Sacerdote, valido, specialmente, per questo tempo bisognoso di testimoni credibili e santi, che aprano mente e cuore ai sacerdoti, in un ministero, il cui centro sia Cristo e a provocare, in tutti, impulsi generosissimi di carità.

L’ordinazione e le prime Messe

Le notizie che abbiamo della ordinazione sacerdotale di Don Orione sono piuttosto ridotte, segno che le cose di Dio, pur destinate a risplendere e a dare gente santa, fiorite nell’umiltà, quasi nel nascondimento, sono coronate, sempre, da esplosioni di carità.

Il rito si svolse il 13 aprile 1895, in un Sabato Santo, nella Cappella dell’Episcopio, a Tortona. Data la ristrettezza della cappella, poche persone parteciparono alla cerimonia, presieduta dal Vescovo Mons. Igino Bandi; c’erano mamma Carolina, i fratelli Benedetto e Alberto, qualche parente, oltre a una piccola rappresentanza del Collegio “Santa Chiara”; il papà non c’era ma ha partecipato alla gioia dal cielo.

A questo momento Don Orione si preparò, intensamente (era la Settimana Santa), con gli Esercizi Spirituali ma, soprattutto, compiendo un’opera di carità, perché – farà sapere – lo rendesse «meno indegno di avvicinarsi all’altare». E fu così che, nella notte precedente la cerimonia di ordinazione, assistette, fino all’ultimo istante, morì in quella notte, il Vicario generale della diocesi. Il suo ministero diaconale si conclude, così, “dopo aver rivestito il defunto” e pregate le orazioni di suffragio per il sacerdote Mons. André. «Al mattino vennero a chiamarlo, perché si preparasse alla ordinazione sacerdotale». Ormai, era pronto per consacrarsi al Signore nell’esercizio di un ministero che, per lui, sarà, sempre, un “ministero di misericordia”. Ripeteva, infatti: «Fine del sacerdozio è di salvare le anime… Che io non dimentichi mai che il ministero a me affidato è ministero di misericordia».

Il giorno successivo, Domenica di Pasqua, ci fu grande festa, al Collegio Santa Chiara. Don Orione celebrò la sua prima Messa nella cappellina, con la partecipazione gioiosa dei suoi circa 150 ragazzi. Furono essi gli ispiratori? Più probabilmente, i suoi ragazzi furono i destinatari prestigiosi di quella grazia che Don Orione chiese nella sua prima Messa. Don Sparpaglione, in consonanza con altre testimonianze, riferisce: «Ho sentito dai primi alunni circa una grazia speciale chiesta da Don Orione in quella occasione: di poter salvare tutte le anime, che in qualunque modo avessero avuto, con lui sacerdote, dei rapporti anche di sola conoscenza». E lo stesso Don Orione, in un altro passo osservava: «Vedete che ho chiesto molto e mi pare che il Signore mi ascolti abbastanza!».

Merita attenzione, per cogliere la particolarità del ministero sacerdotale di Don Orione, avere presente il contesto della sua seconda Messa. In un frammento di lettera, è lui stesso che riferisce di averla celebrata ai detenuti di Tortona, nel carcere di Via Bandella. Ci ricorda quel suo atteggiamento misericordioso, quando, ancor giovane seminarista, andava sotto la finestra delle carceri, a suonare il mandolino: «Mi recavo sotto le finestre delle carceri acciocché i poveri condannati mi sentissero, si rallegrassero e fossero distolti dai cattivi pensieri che poteva loro suggerire la penosa solitudine». E riconosceva in uno scritto del 1903: «Con la divina grazia, sono diventato il povero amico dei carcerati, ma tanto amato». Da quel momento in poi, offrirà loro la presenza di Gesù nell’Eucaristia, manifestando sacramentalmente che il Signore è vicino e che il Suo amore misericordioso arriva dappertutto, anche in una prigione.

Un modello di Sacerdote per i nostri tempi: in ginocchio davanti a Dio e sempre chino sulle necessità dei fratelli

Queste semplici note sull’inizio del ministero sacerdotale di Don Orione, messe a confronto con la sua intera esistenza, inducono a pensare che quell’inizio è stato paradigmatico e ha determinato uno stile costante e coerente di apostolato: unito al Signore e sempre chino sulle necessità dei fratelli.

Spesso in noi – lo dobbiamo ammettere – c’è tanto fervore pastorale all’inizio, l’entusiasmo di sentirsi pronti a qualunque sacrificio, disposti ad affrontare qualunque impresa, ma poi, pian piano, con il passare del tempo, per varie ragioni, calano il fervore e la passione e l’apostolato fa i conti con una certa mediocrità vocazionale e pastorale.

In Don Orione, invece, l’entusiasmo, il fervore, la passione sono un seme che cresce in continuazione, fino a sbocciare in un albero con frutti di carità. “Solo quando sarò spossato e tre volte morto nel correre dietro ai peccatori, solo allora potrò cercare qualche po’ di riposo presso i giusti”. E diceva questo con uno slancio giovanile pur nel correre degli anni.

Il suo segreto? Papa Francesco in quel discorso a braccio, a Genova, il 27 maggio 2017, l’ha sintetizzato così: «Tutto si deve vivere nella chiave dell’incontro. Tu, sacerdote, ti incontri con Dio, con il Padre, con Gesù nell’Eucaristia, con i fedeli: ti incontri. Stai in silenzio davanti al Signore, ascolta cosa dice, cosa ti fa sentire… Incontro. E con la gente lo stesso. Lasciarsi stancare dalla gente; non difendere troppo la propria tranquillità». E conclude, facendo eco al nostro Fondatore: «Il sacerdote che conduce una vita di incontro, con il Signore, nella preghiera e con la gente, fino alla fine della giornata, è ‘strappato’, San Luigi Orione diceva ‘come uno straccio’», dalla mano di Dio e dal Suo cuore infuocato d’amore.

Padre Tarcisio Vieira

Fonte : www.donorione.org