BUONA PASQUA

SEDUTA SUL SASSO

   L’astro sorgente, salutato dai fiori del pruno e del melo, spargeva i colori d’intorno con tiepidi tocchi di gioia.

Dalle case tra loro intrecciate come corde di funi uscivano  voci di mamme intente a destare, con mani dorate e teneri baci i loro bambini avvolti ancora nel sonno,  e a portarli al balcone, a godere insieme l’azzurro, a  respirare limpida aura d’un gaio mattino.

 La casa era tutta pulita e ornata di fresco. L’aveva spazzata ancor prima di mettersi all’opera e in viaggio.Il tragitto era breve. Reggeva con l’omero destro un secchio di rame e con l’altro portava la sporta che, strisciando sulla lunga sottana, nel cadenzare dei passi, offriva all’intorno un frusciante leggero rumore, quasi silente.

I teneri animali, nell’orto, vivaci di fame, le davan saluti dal chiuso serraglio, gustando col becco fremente il pasto vicino che la donna s’appressava a comporre; come ogni mattina.

Non altri rumori d’intorno. Solo un tocco di bronzi che, piano piano, s’univa alla festa dei raggi a colori creati dal sole, mentre il mondo nasceva di nuovo.

Allora la donna camminò cento passi; e si assise un istante sul sasso accanto ad un pozzo. Riempita la secchia di rame, attese, presaga d’un sogno e di qualche amorosa parola.

Il cuore le pulsava più forte; la mente non capiva il perché. 

 Frattanto dalle case intrecciate come le corde di funi, giungeva, con passo veloce, un uomo splendente nel volto, più bello del sole che brillava nel cielo.

 Quella luce non turbava i suoi occhi di donna: dava solo maggiore bellezza alla sporta che chiudeva la crusca e all’acqua del secchio e ai suoi vestimenti.

Le cose che dissero insieme, nella purità del mattino, restarono occulte; svegliarono solo in essa le gioie lontane, le danze e i sensi che il tempo aveva rugati, le ore trascorse monotone ad impastare e gridare; si dilatava e scioglieva un groppo interiore, mentre il Verbo parlava, con vigore, di speranza.

Ella sentiva, trafitta da dolce e tenera forza, che Lui le liberava la vita, finalmente, dopo tanto solitario impastare per oche e galline.

Ritornò alla casa e alle cose di prima, rinnovellata, come uscita da un bagno di mare.   

Si mise a cantare, finché le campane non spensero i tocchi echeggianti le vere parole dell’uomo del pozzo, composte come  le note di un inno, nel breve colloquio, che impresse  ai suoi occhi di donna una vivida luce nel lieto mattino d’aprile.